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MATTEO PERO NULLO APPENDE GLI SCARPINI

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Il fantasista lascia il calcio a 39 anni per dedicarsi alla sua attività di consulente finanziario. “Quando stai più dal fisioterapista che in campo… Dopo la Carrarese ho capito che il calcio sarebbe stato la mia vita, ma non avrei fatto il calciatore..."

Mercoledì 2 ottobre 2024
di Nicola Agostini

Il Maestro, come l’hanno ribattezzato compagni e staff nell’ultima esperienza alla Pontevecchio, sospende le lezioni dal vivo. Esempio da imitare nelle giocate ma anche e soprattutto nei comportamenti. Mai una parola fuori posto, giocatore apprezzato da tutti, compagni e avversari. “Non esageriamo. La certezza è una: quando stai più dal fisioterapista che in campo, seppure a malincuore, è ora di appendere gli scarpini al chiodo”.

Matteo Pero Nullo chiude con il calcio giocato. Lo fa a 39 anni dopo una carriera che l’ha visto segnare 120 gol fra C2, serie D, Eccellenza e Promozione e sfornare il doppio degli assist. “Un anno eravamo a metà stagione a Todi. Zero come gol segnati ma 15 assist”. Tecnica sopraffina, imprendibile sulla fascia, Pallone d’oro dei dilettanti nel 2009, ma anche uomo copertina nell’almanacco 2010, “ma le foto non sono mai state il mio forte”.

Ecco, “forte”, l’aggettivo giusto per uno dei giocatori più determinanti degli ultimi 20 anni nel panorama umbro. Uno in grado di fare la differenza dentro e fuori dal campo, perché dotato di un’intelligenza calcistica e non fuori dal comune. Uno che a 21 anni ha saputo fare una scelta di vita intraprendendo un percorso di studi che oggi lo porta a servire consulenze finanziarie come assist in campo.
Tutto merito di quella laurea magistrale in statistica e finanza, conseguita a 28 anni, con un 110 e lode, che oggi, alla distanza, vale più della vittoria di una classifica marcatori.


Uno che ha saputo mettere da parte un sogno, senza abbattersi, ma trovando la strada per costruirne un altro. “Beh è chiaro che quando a 18 anni ti ritrovi in panchina, al Delle Alpi, e vedi Nedved che fa il giro del campo con il Pallone d’oro appena vinto, non puoi non pensare che anche tu farai il calciatore”.
6 gennaio 2004: Juventus-Perugia 1-0, gol proprio di Nedved. La stagione successiva quella promessa sulla quale era pronto a scommettere anche Serse Cosmi, finisce in C2, alla Carrarese.
“Fecero una comproprietà biennale e, a distanza di anni, non mi spiego perché. Il primo anno feci bene e segnai anche due gol. Poi il Perugia fallì e qualche mio ex compagno, senza contratto, finì in club di serie A o B. Io invece rimasi alla Carrarese ma feci meno bene. Nell’estate del 2006, così, a 21 anni, mi ritrovai senza contratto. Feci il ritiro con la Spal, con me c’era anche Alessio Felicino. Non se ne fece niente a fine ritiro. A quel punto ho capito che il calcio sarebbe stata la mia vita ma io non avrei fatto il calciatore. Così mi sono iscritto all’università”.


Laurea triennale a 25 anni, magistrale a 28. In mezzo tante soddisfazioni legate al calcio in un binomio con lo studio prima e il lavoro poi. “Il problema è che oggi, senza calcio, mi rendo conto – sorride - che lavoro troppo”. 
Le conoscenze e i rapporti intrecciati nel calcio, trasferiti fuori dal campo dove adesso, l’extra campo è fatto di nuoto, palestra e padel. “Forse nel nuoto avrei sfondato, a 10 anni ero campione regionale. Per quanto riguarda il padel, invece, cerco di apprendere dal maestro, Lorenzo Tarpani. Deve sdebitarsi degli assist fatti? Ancora ci ridiamo. Una volta, in un GrifoPonte-Todi, era solo davanti alla porta ma io, invece di servirlo, avevo calciato in porta, senza segnare. Non mi ha parlato per una settimana. Palestra invece avrei dovuto farla la mattina, magari, invece di andare a lezione ma, ripeto, per me fare il calciatore voleva dire fare il professionista, altrimenti un piano B per la vita dovevi e devi averlo. E io ho scelto l’università. I casi alla Matteo Brunori, gente che riparte dall’Eccellenza e poi arriva in serie B o magari, glielo auguro davvero perché se lo merita, in serie A, si contano sulle dita di una mano”.

Pur ripartendo dall’Eccellenza e dalla D, Matteo Pero Nullo però, con il calcio dilettantistico, di soddisfazioni se ne è tolte… “Una su tutte la vittoria dei playoff con la Viterbese proprio nel giorno della laurea. Vincemmo 3-0 contro lo Spoleto. In panchina c’era Farris, attuale vice di Inzaghi all’Inter. Se ancora ci sentiamo? Sì, abbiamo un bel rapporto. 
Ma tra le soddisfazioni più belle ci metto anche la vittoria della Coppa Italia con il Todi, a Gubbio, contro il Trestina, con Stefano De Nigris in panchina. Oppure la promozione in Eccellenza con la Pontevecchio, due anni fa, nella finale di Foligno vinta ai rigori con il Terni Fc. Il gol più bello? Todi-Sestese 1-0, rovesciata dal limite. Ancora ogni tanto me lo riguardo”.
Quante volte invece Matteo Pero Nullo ha visto “Fa’ la cosa giusta?” “Quanti messaggi mi ha scritto il Ciuca – sorride - la sera prima della partita. Mi scriveva, accendi la tv, guarda “Fa’ la cosa giusta” e domani falla”.
Già, il segreto è proprio quello, dentro e fuori dal campo, come insegna la storia di Matteo Pero Nullo.
Ma una partita d’addio? “Se qualcuno me l’organizza io ci sono. E cerco di non stirarmi…”.

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